Luca Lorini, il medico pilota campione su due ruote e campionissimo nella lotta al Covid 19
Per tutti i bergamaschi è uno degli “eroi” della battaglia contro la pandemia, uno dei simboli della…
Per tutti i bergamaschi è uno degli “eroi” della battaglia contro la pandemia, uno dei simboli della lotta al Covid che ha martoriato il territorio come nessun’altra zona d’Italia, un “campione” della medicina che ha messo a disposizione le proprie forze e capacità per sconfiggere un virus tanto sconosciuto quanto letale. Per i motociclisti bergamaschi Luca Ferdinando Lorini, direttore del dipartimento di Emergenza, urgenza e area critica dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, è anche un “campione” su due ruote, in sella alle moto da fuoristrada che ha cominciato a guidare da liceale, arrivando a gareggiare in competizioni ufficiali, per poi abbandonare l’agonismo, immerso nello studio dei libri di medicina prima e in quello delle cartelle cliniche dei pazienti poi. Per decidere però di risalire in sella, “dopo 31 anni di astinenza” e riassaporare il piacere di qualche “smanettata” , dimostrando di non aver dimenticato “come si faceva”, al punto da partecipare da protagonista a diversi campionati italiani d’Epoca di regolarità e cross. E, addirittura, da portare a termine tre edizioni della Sei Giorni di Enduro: una insieme con il suo mito di sempre, Alessandro Gritti, una con Mirko Gritti, figlio del campionissimo, e l’ultima con il proprio di figlio, Andrea. Ed è proprio a questo “doppio campione”, nelle corsie e nelle sale operatorie dell’ospedale e sulle piste da motoregolarità, che i responsabili della Scuderia Norelli di Bergamo, una delle associazioni storiche che hanno scritto pagine indimenticabili di questo sport, hanno deciso di assegnare l’Oscar Norelli”, premio istituito nel 1977 come riconoscimento a chi, “personaggio attivo nello sport motociclistico si fosse distinto in particolar modo, contribuendo alla diffusione e alla continuità motoristica che nella nostra provincia ha le sue radici”, come si legge sulle pagine ingiallite delle prime motivazioni consegnate. “Un premio che vuole essere qualcosa di più di una semplice coppa, targa o medaglia ricordo, un vero riconoscimento morale e un sentito ringraziamento per l’attività svolta”, come si legge sulle pagine invece bianchissime sulle quali Massimo Sironi, presidente della Scuderia Norelli ed Enzo Paris, segretario, hanno stampato i materiali da distribuire, venerdì 3 febbraio, nel corso della serata organizzata per assegnare l’Oscar. O meglio, gli Oscar: già, perché accanto al simbolo della lotta al Covid 19 che, come si legge nella motivazione “rappresenta un vanto per il nostro territorio”, per i suoi “valori etici e umani di alto profilo, lo spirito di abnegazione e altruismo che contraddistinguono il Suo impegno nella vita e nello sport”, fino a farne “un esempio per tutti noi, prodigandosi per il prossimo, senza chiedere nulla in cambio, al servizio della collettività”, ci sarà un altro premiato. Un “appassionato, conoscitore dell’ambiente motociclistico e dei regolamenti, lavoratore che evita di apparire, fine tessitore di rapporti, mente organizzativa che affronta sempre i problemi cercando la risoluzione più efficace e meno roboante, un vero manager sia nella vita che nello sport”, come recita la “scheda” dedicata a Valter Giupponi, imprenditore che seguendo le attività di famiglia si è occupato di ristorazione, commercio combustibili e petroli sino ai trasporti, ricoprendo l’incarico di presidente della Fai, la Federazione autotrasportatori Italiani di Bergamo, di cui è ancora presidente onorario. Un imprenditore a sua volta con le due ruote nel Dna visto che nel suo curriculum vanta il ruolo di direttore sportivo della Ktm e che vede il suo nome è legato a uno degli episodi più famosi della storia della Sei Giorni Internazionale: un “caso” destinato a fare il giro del mondo avvenuto durante l’edizione del 1977 in Cecoslovacchia, dove Valter Giupponi per protesta a seguito di una scorrettezza sportiva si era assunto la responsabilità di fare ritirare la squadra nazionale italiana schierata per il Trofeo mondiale. Uomo abituato a prendere decisioni difficili (come avrebbe dimostrato poi anche alla Guida degli autotrasportatori cn diversi episodi narrati nel libro “Fai Bergamo, un viaggio lungo 50 anni, pubblicato dall’associazione per ripercorrere il proprio primo mezzo secolo di vita) oltre che straordinario organizzatore, come ha confermato anche in occasione dell’edizione 2022 della Valli Bergamasche Revival, evento che ha “portato” a Bergamo piloti da tutto il mondo, compresi alcuni dei più grandi campioni di sempre. Due appassionati delle due ruote degni di ricevere un Oscar, andando ad allungare una lunga lista di personaggi che dal 1977 ha visto salire sul palco Romualdo Consonni e Fanco Dall’Ara, Carlo Moscheni, Franco Gualdi, Enrico Boschi, Pierluigi Rottigni, Amelio Peri, Gianprimo Casari, Dante Mattioli, Fulvio Maffettini, Giuseppe Besola, Mario Tremaglia, Alessandro Gritti, Domenico Fenocchio, Eugenio Saini, Renzo D’adda, Gianni Perini, Tullio Masserini, Franca e Walter Arosio premio assegnato alla memoria), Franco Acerbis, Felice Manzoni, Ciro De Petri, Paolo Gornati, Antonio Rodari, Adriano Rota Nodari, Paolo Sesti, Giò Sala, Massimo Mita, Stefano Scuratti, Andrea Gatti, Romano Bernasconi, Valerio Bettoni, Angelo Chitò, Nicola Dutto, Walter Manera e Giampiero Negroni, Mario Bergna, Claudio Terruzzi (destinatario del premio straordinario per il 50° anniversario), Marcella Consonni, Tony Mori, Sergio Villa. Fino a Luca Lorini e Valter Giupponi, il pilota medico capace di arginare l’onda assassina della pandemia e l’imprenditore capace di trovare sempre una via per affrontare qualsiasi situazione.